Simone PADOAN

Aprire il cuore a questo mestiere e credere che possa essere cambiato.
È il consiglio che Simone Padoan, classe 1971, pizzaiolo riconosciuto come l’ideatore di quella pizza di alta cucina che tanto incuriosice, rivolge ai più giovani e a quanti abbiano voglia di rimettersi in gioco e ricominciare. Lui l’ha fatto una decina di anni fa, scoprendo che anche nel settore della pizzeria c’è posto per qualcosa di diverso. Ed ha avuto ragione. “La gente è abituata a mangiare quello che tu gli proponi, ma può imparare a mangiare altro, dipende solo da te”, spiega.
La sua storia inizia da lontano: ultimo di nove fratelli tutti con un trascorso da pizzaiolo, da quando ha sei anni si trova “immerso” nel mondo delle pizzerie. Tra il 1988 e il 1994 lavora a stretto contatto con uno dei suoi fratelli ed impara sul campo i segreti di uno dei mestieri più diffusi in Italia. Nel 1994 apre il suo locale: una pizzeria classica, molto diversa da quella attuale, con una proposta ridotta ma un’attenzione manifestata già all’epoca per i prodotti stagionali.
Con il cambiare dei tempi e la nascita di grandi locali misti capaci di offrire al fianco di un menu di ristorazione classico anche le pizze, Simone vive una crisi lavorativa personale pensando che il mondo della pizzeria non abbia un futuro. Ma si sbaglia. E questo momento di difficoltà gli serve come occasione di riflessione, come spunto per cambiare, per azzerare una situazione e ripartire.
Grazie al supporto di alcuni amici impara sempre di più a credere nelle sue idee e nelle sue qualità: inizia a studiare l’utilizzo delle materie prime, le tecniche di fermentazione, l’uso del lievito madre.
È l’inizio della svolta. Lavorando e sperimentando il giovane pizzaiolo di San Bonifacio capisce che la vecchia identità della pizza può essere rinnovata: la gente è aperta ai cambiamenti, basta osare. “Quando scopri un mondo nuovo – racconta Padoan – lo vivi in modo diverso, cambi prospettiva e vedi le cose sotto un’altra ottica, hai entusiasmo in ciò che fai”.
Così nasce la pizza degustazione con l’intento di far gustare a pieno il prodotto nella sua semplicità. “Credevo molto in quello che facevo – continua Simone Padoan – ma nello stesso tempo mi spaventava. Così ho iniziato organizzando delle serate a tema nel giorno di chiusura del mio locale invitando i produttori da cui mi servivo: era un modo per fare scuola, far capire un percorso ai miei clienti e far conoscere le materie prime, i prodotti che utilizzavo nelle nuove pizze. Poi ho cominciato a proporre poco alla volta alcune pizze fuori carta anche nelle giornate di lavoro normale fino a che nel 2005, anno che mi ha fortemente segnato per la morte di mio padre, è arrivata la consacrazione grazie ad alcune guide, come quella del Gambero Rosso e ad un servizio andato in onda su Matrix”.
Da allora è stata una evoluzione, un crescendo, un affermare una vera e propria filosofia di lavoro e di vita: “Il nostro intento – spiega Padoan – è quello di realizzare prodotti di alta qualità in un modo trasparente. Non abbiamo mai nascosto quello che facciamo e se in molti mi criticano per questo poiché diamo adito ad essere facilmente copiati, io credo invece che il fatto che qualcuno segua ciò che stiamo facendo sia per noi un riconoscimento, significa che nel mondo della pizzeria abbiamo lasciato un segno”.
E un segno le pizze di Simone Padoan lo lasciano ben radicato anche tra la clientela per l’emozione che trasmettono, per il gusto che le contraddistingue, per la passione e la creazione che si percepiscono non appena viene servito il piatto in tavola. “Questo lavoro è la mia vita. Molte persone mangiano esclusivamente per sostentamento ed è un fatto per me molto triste. Ogni piatto nasce da un’emozione e questo cerco di trasmettere”, commenta ancora Padoan.
Tra le proposte de I Tigli, oltre al menu innovativo che cambia continuamente, ci sono dei must che non mancano mai come la pizza con burrata e prosciutto crudo San Daniele “riserva 18 mesi” o quella con bufala campana e pomodoro datterino al basilico. Proprio quest’ultima è quella a cui Simone è più legato, quella che mangia più spesso e che più gli ricorda la famiglia, i fratelli, la sua infanzia, il suo inizio.
E se tra i progetti futuri del pizzaiolo veronese c’è la volontà di realizzare un sogno che da tempo custodisce nel cuore e nella testa, Simone non ha dubbi sul futuro: “bisogna tornare sempre di più a valorizzare il rapporto umano in tutto ciò che facciamo, anche nel lavoro” e a quanti si vogliono avvicinare al mestiere del pizzaiolo per la prima volta Simone ricorda non solo di credere nel cambiamento di un settore che ha tanto da sviluppare, ma soprattutto di non copiare e di avere fiducia nelle proprie idee per non dover mai essere secondi a nessuno.

Massimo GIOVANNINI

La passione per la ristorazione Massimo Giovannini la coltiva da sempre, sin dai tempi in cui lavorava nel settore automobilistico. Ma è nel 1994 che decide di trasformarla nella propria attività. Apre un locale, impara a preparare la pizza. Chiude, si sposta, riapre fino a che nel 2009 approda all’Apogeo, vero e proprio punto di riferimento in quel di Pietrasanta a Lucca.
Il menu si compone in tre tipologie di offerta: le pizze classiche; quelle storiche legate al suo precedente locale, il Pachino; le pizze innovative che serve a spicchi. Tra queste fanno capolino la pere, pecorino senese e lardo di Colonnata o le pizze rigorosamente di stagione come quella con cime di rapa, sbiancate e passate in padella, pomodoro pelato e salsicce nostrane di Camaiore provenienti da un laboratorio artigianale.
“Mi piace molto lavorare la burrata – commenta Giovannini – che propongo con il salmone o con le alici del Mar Cantabrico, mentre un’altra pizza apprezzata dai miei clienti è sicuramente l’Apogeo con melanzane grigliate tagliate a cubetti e saltate con parmigiano, pomodoro Pachino e lardo di Colonnata”.
Tra le tipologie presentate, se l’80 per cento di quanti comprano la pizza da asporto chiedono il prodotto classico, chi sceglie di mangiare nel locale preferisce sempre di più la proposta innovativa caratterizzata dalla preparazione esterna del topping. “Non è nemmeno un anno – spiega Giovannini – che abbiamo introdotto nel locale questa nuova offerta gastronomica. Inizialmente abbiamo realizzato delle serate con chef e preparato le pizze a spicchi solo due sere a settimana, ma visto l’apprezzamento del pubblico poco per volta le abbiamo introdotte stabilmente in carta e questa scelta ci sta premiando”.
Ma Massimo Giovannini è anche sommelier: ecco perché in questo locale una grande attenzione è riservata anche al bere e la carta conta una dozzina di birre artigianali e un’ottantina di etichette di vino. L’Apogeo, sede Fisar della Versilia, può ospitare fino a 55 coperti in due sale di cui una con cucina e forno a vista.
“Il mio sogno nel cassetto – spiega Giovannini – è molto semplice: che un giorno i clienti delle pizzerie ripongano nei nostri confronti lo stesso rispetto che hanno per uno chef. Mi piacerebbe che si smettessero di chiedere in continuazione dei cambiamenti alle proposte in carta modificandole in base ai propri gusti. Vorrei che il cliente si fidasse di me, di quello che propongo senza togliere e mettere ingredienti a proprio piacimento, rivoluzionando una ricetta che è stata pensata per proporre quell’insieme di gusti e sapori che la rende unica”.
Idee chiare anche sulla professionalità della categoria: “In questo settore troppo spesso si ha a che fare con l’approssimazione, e questo va a discapito del prodotto pizza a 360 gradi. Bisognerebbe – prosegue Giovannini – fare conoscere ed apprezzare maggiormente, valorizzandolo, questo piatto: in vent’anni la cucina italiana ha fatto passi da gigante, noi purtroppo ci stiamo muovendo solo ora e spero che le nuove generazioni siano in grado di approfondire e studiare questo lavoro più di quanto abbiamo fatto noi sino ad ora”.

Lello RAVAGNAN

Grandi numeri, alta qualità e un’atmosfera giusta capace di far vivere al cliente una situazione sempre speciale.
Ex pallavolista di serie A1, Ruggero Ravagnan ha idee ben precise su come deve essere il suo locale. Questi i piccoli segreti della pizzeria Grigoris che da anni è il punto di riferimento della città lagunare, anche se il locale si trova in periferia. Aperto quattro ore al giorno, esclusivamente la sera, ha mutato negli anni la filosofia della sua proposta restando pur sempre fedele alla ricerca delle materie prime di assoluta eccellenza.
“Tre anni fa – racconta Ravagnan – ho vissuto un momento di crisi professionale, ero stanco, stufo, volevo cambiare qualcosa nel mio modo di lavorare ma non sapevo cosa. Dopo una cena da Simone Padoan a I Tigli di San Bonifacio ho capito che la pizza poteva essere altro, qualcosa di diverso da ciò che sino ad allora avevo sempre creduto io.
Ho ricevuto da quella esperienza nuovi stimoli ed ho voluto approfondire le mie conoscenze di questo lavoro iniziato una ventina di anni fa. Ho iniziato a frequentare il Molino Quaglia, ho imparato a lavorare con la farina Petra®, con la pasta madre e la biga e mi sono rinnovato trovando nuovi stimoli e prefissandomi nuovi obiettivi da raggiungere”.
La pizza di Ravagnan oggi è più leggera e qualitativamente migliore, nel corso degli ultimi anni sono cambiati i sistemi di cottura, la sua professionalità e quella dei dipendenti che lavorano con lui, la clientela è ancora più soddisfatta del prodotto che mangia anche perché Ruggero è una persona di carattere, dalla grande energia e riesce a trasmetterlo.
Cenare da Grigoris significa vivere un’evento, essere – come lui ama dichiarare – al centro di una situazione sempre speciale in cui anche l’ambiente è fondamentale per creare un’atmosfera, quella giusta: “Tutto aiuta a far nascere e ad alimentare una suggestione, un’emozione: non solo il cibo che è l’indiscusso protagonista, ma anche la musica, i profumi, i colori, l’arredo. Ogni elemento all’interno del locale parla di te, della tua filosofia di vita e di lavoro e tu, titolare, devi sapere esprimere l’energia che hai dentro, quella con cui vuoi contraddistinguere il tuo ristorante: questo è un aspetto importantissimo, che aiuta a fare la differenza. E la gente non lo dimentica”.
Le pizze di Ruggero Ravagnan sono preparate utilizzando prodotti sostenuti da Slow Food come la Salsiccia rossa di Castelpoto, il Fior di latte di Agerola, il pomodoro San Marzano Dop Agrigenus: un topping di eccellenza che contribuisce a conferire un gusto speciale ad una pizza la cui base ha già tanto da raccontare anche da sola.
“Il mercato della pizza – spiega ancora Ravagnan - ha davanti a se la possibilità di una grande evoluzione che potrà avvenire grazie all’utilizzo di materie prime di assoluta qualità. Non bisogna smettere mai di cercare, studiare, capire, trovare e valorizzare i prodotti che possono andare bene su una base che deve già saper esprimere al cliente un’emozione diversa da quella che comunemente risiede nell’immaginario collettivo. La pizza realizzata con elementi d’eccellenza ha un futuro enorme e in questo caso non penso che sia necessario avere in carta decine e decine di referenze: per accontentare e soddisfare il cliente possono bastare dieci o quindici proposte differenti, ma che siano in grado di lasciarlo senza parole”.

Gianni DODAJ

Immaginate una normale pizza al taglio e da asporto. Fatto? Ora dimenticatevela. La Pizzeria Fantasy di San Donà di Piave (Ve) è tutta un’altra storia.
Gianni e la sorella Giulia, giovanissimi trentenni con grandi intuizioni, hanno aperto nel 2008 un locale che con soli quattro posti a sedere è capace di fare invidia a tante pizzerie con ben più alti numeri di coperti. Il motivo è semplice e la filosofia delle proposte la dice lunga. 
Alla Pizzeria Fantasy il menu è esclusivamente stagionale ed è composto da otto pizze, cui si aggiunge una pizza del giorno e la sezione “fai da te” in cui viene lasciata libertà al cliente di guarnire il disco di pasta a propria scelta utilizzando esclusivamente però i prodotti dei topping proposti in quel periodo.
“Siamo giovani e al passo con i tempi – racconta Gianni Dodaj – per questo non ci limitiamo a proporre pizze che potrebbero trovarsi ovunque. Oggi gli stili di vita sono cambiati, le persone hanno modificato le esigenze alimentari, non si mangia cercando alimenti grassi per sopperire alle fatiche di un lavoro manuale, ma si cerca di mangiare sano e bene: ecco perché abbiamo improntato il lavoro della nostra pizzeria su questi canoni”.
Sempre in ricerca di nuovi prodotti e nuove sperimentazioni Gianni e Giulia in questo periodo dell’anno propongono pizze come quella con radicchio trevigiano, stracciatella pugliese e porchetta o la pizza con porcini della Val Comelico, patate al forno aromatizzate al rosmarino, salsiccia nostrana e asiago di malga, o ancora la pizza con friarielli freschi, salsiccia, capocollo calabrese.
E i fratelli Dodaj hanno le idee chiare: “Quello che vogliamo – spiega Gianni Dodaj – è continuare sulla strada intrapresa cercando di migliorarci ancora e senza smettere di imparare. Oggi in questo settore manca la mentalità del mercato: la pizza è considerata un prodotto povero e non viene apprezzata per quello che è. Si tratta sicuramente di un prodotto nato come estremamente semplice, ma oggi non è più così. La pizza è un piatto unico con dentro tutto. In primis è la mentalità delle persone che deve cambiare, insieme a quella della categoria che non deve sminuire e svilire un prodotto dalle grandi potenzialità”.

Antonio PAPPALARDO

Ventiquattro anni e un grande amore per la cucina. Da Sempre. Antonio Pappalardo è un giovane pizzaiolo della provincia di Brescia, sicuro, determinato, appassionato del proprio lavoro. Sette anni fa apre La Cascina dei Sapori e da due anni cambia completamente la filosofia del menu. Ed è un successo. Solo pizze di stagione, ad esclusione della Margherita e della pizza con acciughe del Mediterraneo e capperi di Salina, per una carta che conta una ventina di referenze.
Le pizze cambiano stagionalmente a seconda dei prodotti che si trovano sul mercato. E così in inverno ci sono: la Winter, dedicata alle verdure; la pizza con il salmone selvaggio Sockeye che vive allo stato brado in Alaska; la pizza con baccalà islandese; quella con gambero rosso, granella di pistacchio di Bronte, burrata e cavolo nero o ancora la pizza con cotechino nostrano (acquistato da un macellaio di fiducia), fior di latte di Agerola e cavolo nero.
“Oggi il consumatore si è evoluto – spiega Pappalardo – e spesso ne sa più del produttore: chi ha un locale non può fare a meno di aggiornarsi. La pizza non è più qualcosa da mangiare per sfamarsi come negli Anni Ottanta quando c’era la guerra al ribasso dei prezzi e non si usavano che prodotti in scatola per guarnire i dischi di pasta. Oggi ci sono sicuramente meno soldi a disposizione – prosegue il giovane pizzaiolo bresciano – ma vengono spesi meglio, la gente presta molta attenzione a ciò che mangia e occorre realizzare un prodotto in grado di accontentare il più vasto pubblico possibile”.
Antonio Pappalardo si diploma all’Istituto Alberghiero, ma già negli anni della scuola lavora sia nel campo della pizzeria che in quello della panetteria, della pasticceria e della ristorazione. “Ho provato i diversi settori – spiega – perché volevo capire quale mi piacesse di più. E non c’è stato dubbio: solo nel campo della pizzeria sento di poter esprimere al massimo la mia creatività. Qui puoi osare maggiormente perché hai a disposizione non solo una base lievitata, ma anche un topping con cui puoi realizzare svariati abbinamenti”.
La Cascina dei Sapori, gestita a livello familiare, è strutturata in tre sale per un totale di 130 coperti, ma è meglio prenotare. Già perché il locale è sempre pieno, sia in settimana che nel weekend: “Questa è la più grande testimonianza che abbiamo realizzato la scelta giusta – commenta Pappalardo – lavorando su materie prime di qualità e offrendo un prodotto diverso. La clientela ci dà una risposta positiva, confermata anche dai Due Spicchi che ci ha assegnato il Gambero Rosso”. La proposta prevede tre tipologie di impasti differenti realizzati con la biga e la farina Petra del Molino Quaglia: pizza al piatto stesa croccante, pizza in teglia alla romana, pizza al padellino. “Il personale del locale – spiega Pappalardo – illustra ai nostri clienti le diverse tipologie e propone anche dei percorsi degustazione seguendo una filosofia di assaggi che tenga conto del topping sulle pizze”.
Il locale possiede anche una buona carta dei vini con una quarantina di etichette che spaziano dai rossi ai bianchi, agli spumanti (Franciacorta, Prosecco, Champagne) e una selezione di birre artigianali di differenti regioni italiane.
Antonio Pappalardo ha imparato a preparare le pizze direttamente sul campo, ma ha approfondito le sue conoscenze frequentando i tre livelli dell’Università della Pizza: “È stata un’esperienza formativa e umana bellissima, che consiglio a tutti. Il confronto è fondamentale, durante i corsi ti sono fornite molte informazioni e vengono aperte nuove strade di lavoro, poi spetta ad ognuno di noi decidere se metterle in pratica o meno. Penso – conclude Pappalardo – che sia fondamentale conoscere in ogni caso la materia prima, saperla lavorare per ottenere i risultati migliori. È in atto un cambiamento nel settore della pizzeria, si cerca l’innovazione, ma questa non può esimersi dall’apprendimento corretto delle lievitazioni, delle lavorazioni e della cottura degli impasti”.

Roberto GHISOLFI

ha innovato il settore della pizza al taglio.
Non solo per la scelta del locale, per l’arredamento e per l’uso dei colori, ma soprattutto per la creatività e l’attenzione che insieme alla moglie Fiorella riserva nella realizzazione dei suoi prodotti. Figlio di panettieri Roberto ha da sempre l’arte bianca nel sangue.
Preparare le pizze, lavorare la farina, scegliere gli ingredienti migliori da utilizzare lo riportano indietro nel tempo, gli fanno assaporare quel gusto delle origini e del passato legato alla propria famiglia che, in parallelo, emoziona ognuno di noi.
E quella vibrazione in più, quell’aspettativa di trovare qualcosa di diverso la si percepisce entrando allo Spicchio di Cremona, guardando quelle teglie capaci di sfornare cinquanta tranci differenti uno dall’altro. Sì, perché qui non esiste la pizza più richiesta: è il cliente ad inventare, creare, chiedere esattamente quello che vorrebbe mangiare.
Così nascono gli “spicchi” con topping differenti, ma con un’unica grande qualità in comune: la base realizzata con farina di grano tenero Petra® macinata a pietra e lievito madre, caratterizzata da fragranza ed alta digeribilità.
“Il mio sogno – dichiara Roberto Ghisolfi -  è quello di poter avere un giorno una carta degli impasti e non una carta delle pizze. Un documento che illustri lavorazioni con lieviti e impasti diversi e che consenta ai clienti di approfondire e capire meglio quale lavoro ci sia dietro alla realizzazione di una buona pizza”.
E proprio per poter approfondire competenze e conoscenze, Roberto Ghisolfi non ha dubbi: “Il futuro della pizza risiede nella formazione, bisogna imparare a lavorare gli impasti, a capirne le differenze, studiare lievitazioni e materie prime: se la base che prepari non è buona o non rispecchia caratteristiche di salute e digeribilità puoi mettere sopra il topping migliore che hai, ma il tuo prodotto finale non sarà mai all’altezza di quello che vorresti ottenere. Oggi purtroppo esistono tanti concorsi non credibili che fanno solo male al mondo della pizza, ma per fortuna stanno nascendo corsi di formazione e si organizzano sempre maggiori appuntamenti di approfondimento: questo fa bene al nostro settore ed è quello a cui bisogna tendere sempre di più per migliorarci e per migliorare la cultura che ruota intorno ad un mondo così tanto conosciuto, ma al tempo stesso così poco valorizzato. Per questo da anni frequento l’Università della Pizza, perché è un luogo di confronto e di scambio in cui puoi parlare con i colleghi, relazionarti con loro ma anche apprendere nuove tecniche di lavorazione”.
Ma Roberto e la moglie - “sempre insieme da trent’anni” sottolinea Roberto con un filo di emozione negli occhi e nella voce - hanno innovato questo settore anche sotto un altro punto di vista.
La pizza dello Spicchio di Cremona è infatti famosa anche per essere presentata e venduta a cottura non ultimata. “Ho avuto questa idea – racconta sempre Roberto – osservando come lavora l’industria. Per esempio se acquisti una pizza al supermercato, una volta arrivato a casa la metti in forno e la fai cuocere. Da noi il procedimento è simile. Le pizze ovviamente non sono congelate, bensì fresche, ma mancano gli ultimi cinque minuti di cottura. Se un cliente mangia la pizza da noi, terminiamo direttamente la preparazione all’interno del locale, ma in caso contrario se la acquistano per consumarla a casa, finiranno loro la cottura. In questo modo avranno la possibilità di fondere all’ultimo momento la mozzarella o gli altri ingredienti che conferiscono al prodotto quel valore aggiunto anche con la consistenza corretta al momento dell’assaggio. E credetemi, il gusto e la fragranza saranno diversi”.
Dalla passione di Roberto Ghisolfi è nata La focaccia di Ale, un impasto ideato e studiato dal pizzaiolo di Cremona che nel suo Spicchio realizza meraviglie. Dopo un lungo periodo di sperimentazione, cui ha contribuito anche il figlio Alessio che è ricercatore chimico a Strasburgo, Roberto ha iniziato a produrre alcune focacce con questo impasto esclusivo. Realizzato con Petra 1, 3 e 9 (la farina macinata a Pietra dal Molino Quaglia) segue una lavorazione ben precisa composta da tre preimpasti: uno di biga, uno con lievito madre, uno con idrolisi con Petra 9. Realizzati tutti il giorno prima e rinfrescati il giorno seguente, subiscono una doppia lievitazione di 24 ore. Il risultato è straordinario: precotte a bassa temperatura, vengono rifinite in fase di seconda cottura.

Renato BOSCO

Un prodotto lievitato per me rappresenta la massima espressione di quello che posso realizzare.
Questo è il pensiero di Renato Bosco, classe 1967, pizzaiolo “per caso” anche lui, come spesso accade in questa professione. Renato inizia a lavorare in pizzeria a quindici anni come cameriere, poi si trova a dover sostituire per un certo periodo di tempo il pizzaiolo ufficiale del locale, bloccato a casa per malattia. Così nasce la sua passione per un mestiere che, dopo aver fatto il militare, decide di intraprendere aprendo un proprio locale in società con altre persone. E questa volta lui è la figura di riferimento, quella che ha “le mani in pasta”, che studia, prepara, sperimenta, apprende, conosce, inventa, cuoce. Ed è un successo. Renato comprende sempre di più quanto questa professione sia per lui una vera e propria passione e la segue senza freni e con grande entusiasmo. Capisce l’importanza del lievito madre per le sue preparazioni, impara a conoscerlo, a lavorarlo, a dedicargli tempo “che non è mai perso” perché per lui rappresenta una vera risorsa.
E i clienti del nuovo locale che ha aperto da solo sei anni fa lo sanno. La passione di Renato li contagia, vogliono a loro volta imparare e capita che gli chiedano come fare per avere del lievito madre, per iniziare. Semplice, Renato glie ne regala un pezzo, gli spiega il procedimento e tutto questo rappresenta una chiave di lettura diversa per fare cultura della pizza, per illustrare come possa essere realizzato in modi differenti un prodotto apparentemente così semplice, ma che invece richiede grande professionalità e competenza. Più di quella che uno potrebbe pensare.
Mangiare nel locale di Renato Bosco è quindi un’esperienza non solo per i sensi (gusto e palato in primis), ma anche a livello umano per l’accoglienza del personale e per l’attenzione che lui dedica ai propri clienti: porta in tavola le pizze, ne spiega la lavorazione, l’uso degli ingredienti, le differenze, le particolarità.
Standolo ad ascoltare non puoi che percepire il suo entusiasmo, la sua energia, senti che la forza di quello che ti viene raccontato lo ritroverai nel piatto. Ed è così. Le pizze da Saporè cambiano con il corso delle stagioni perché “è la materia prima che mi conduce”, spiega Renato, ma ci sono dei must che ricorrono sempre in ogni periodo e sono: la margherita Dop preparata con pomodoro Igp, mozzarella Dop, basilico e olio extravergine di oliva; la vegetariana in purezza che cambia, appunto, a seconda delle stagioni; la pizza Degustazione a base di burrata e crudo. Ma qui la pizza può essere anche preparata in teglia alla romana e la scelta spazia tra differenti topping come mortadella, misticanza e bufala, vegetariana ancora una volta in purezza o broccolo romano con bufala e salsiccia dolce nostrana.
Oggi il locale di Renato Bosco è in trasformazione “perché sono cambiato io”, spiega con un sorriso. Nata come pizzeria da asporto specializzata in pizza in teglia oggi Saporé è molto di più. Fermo restando la scelta di sposare da sempre l’utilizzo di materie prime di alta qualità, il locale di Renato sta cambiando volto proprio per cercare di rispecchiare ed esprimere al meglio la filosofia e la passione del suo fondatore.
Così la pizzeria da asporto con a fianco il locale dove poter ordinare e consumare il pasto che si vuole mangiare può diventare un temporary restaurant realizzato con materiali di recupero, per conferire un legame più profondo con la materia anche nello spazio che viene utilizzato per il consumo, per la convivialità. La pizzeria moderna deve essere diversa anche in questo. Deve comunicare un benessere, una scelta di vita, un messaggio e deve smetterla di essere un puro complemento di arredo. “Sta nascendo un movimento legato al mondo delle pizzerie – spiega Renato Bosco – le cose stanno cambiando, poco alla volta crescono le professionalità, si innalza il livello di conoscenza del prodotto e la ricerca delle materie prime che per me è continua e fondamentale”.

Fabrizio PASINELLI

Il gusto della semplicità. Questo in sintesi il pensiero che accompagna il lavoro di Fabrizio Pasinelli, 48 anni, ex pellettiere poi pizzaiolo per necessità e quindi per passione. “La mia filosofia è questa – commenta – pochi ingredienti, semplici e non troppo lavorati nel rispetto dell’equilibrio del piatto”. Fabrizio gestisce assieme al fratello Marcello da quattordici anni la Pizzeria al Castello che ha aperto a Cividate al Piano dopo svariate esperienze di lavoro e di vita che lo hanno visto dipendente e titolare di pizzeria, ma anche agricoltore in Umbria di coltivazioni biologiche e biodinamiche.
Oltre alla classica pizza grande e sottile che piace molto in questa zona, ci racconta, Pasinelli da alcuni anni si sta dedicando alla realizzazione di un prodotto differente: “Ho evoluto il mio modo di lavorare – dice – dopo l’incontro con il Molino Quaglia e i corsi all’Università della Pizza. Ho imparato a conoscere la farina Petra che oggi utilizzo per gli impasti e per la biga e propongo alla mia clientela anche una pizza degustazione più piccola e più alta dell’altra in cui utilizzo principalmente prodotti di stagione. Si tratta di due impasti diversi che in questo momento danno origine a due tipologie di pizza differenti che convivono nel mio locale. La prima, quella classica, ha un ventaglio di proposte si circa 60 pizze che però vorrei diminuire; la seconda ne conta una ventina”.
Tra le pizze degustazione spiccano la focaccia con burrata e prosciutto crudo di Parma stagionato dai 24 ai 26 mesi, la pizza con scarola, burrata, acciughe, olio extra vergine di olive e briciole di Petra. E proprio una variante di quest’ultima è stata pensata per l’edizione 2012 del Salone del Gusto di Torino, per poi essere proposta in degustazione anche nel locale della provincia di Bergamo: “La pizza con la scarola è proposta con prodotti dei Colli di Bergamo e con la sardina di Montisola del Lago di Iseo. Viene chiamato così il pesce agone, messo sotto sale ed essiccato: questo sarà uno degli ingredienti top della mia pizza in cui svetteranno anche l’olio extravergine di oliva dei laghi lombardi e il formaggio Agrì di Valtorta, presidio Slow Food”, spiega Pasinelli.
Le pizze proposte a Cividade al Piano sono il frutto di una profonda ricerca di materie prime di qualità in cui grande attenzione è posta per i prodotti del territorio. Ma oltre alla semplicità della proposta che rispecchia una grande ricercatezza ed attenzione per i particolari, Pasinelli dichiara come per lui sia fondamentale che una pizza sia digeribile: “Qualunque sia il formato della pizza – spiega – essa deve essere di facile digestione. Mi batto molto su questo aspetto contestando spesso anche il lavoro di altri colleghi: occorre una ricerca continua sugli impasti, occorre studiare, occorre il confronto, cosa che in questo settore è particolarmente difficile perché sembra che ognuno sia detentore del miglior segreto di lavorazione e sia obbligato a custodirlo gelosamente”.
E sul concetto dell’approfondimento e dello studio Fabrizio non ha dubbi: “prima di iniziare questo mestiere bisognerebbe che tutti, per rispetto nei confronti del consumatore, si formassero nei posti giusti e non si improvvisassero pizzaioli a discapito anche della categoria. Occorre parlare e lavorare con basi solide, costruite nel tempo, per poi evolversi come meglio si crede, secondo il proprio estro, la propria tradizione, la propria creatività”.

Beniamino BILALI

Il mondo della pizzeria può cambiare solo se tutti noi artigiani crediamo di più in quello che facciamo
e se accompagniamo il cliente a consumare il cibo condividendo un’emozione e non pensando solo alla pura esigenza di sfamarsi. Parola di Beniamino Bilali, classe 1985 e una cultura familiare legata all’arte bianca alle spalle. “Bisogna trasmettere le emozioni dirette, coinvolgere il cliente – prosegue – rendendolo partecipe e facendogli capire che quello che pagherà sarà la materia prima e non la nostra immagine, la qualità e le emozioni che solo gli ingredienti sanno trasmettere”. E di passione ed entusiasmo Beniamino ne ha davvero tante da comunicare e lo fa a modo suo, con riflessione e fierezza, raccontando di come si è accostato a questo lavoro nel tempo, di come tutto sia una continua sperimentazione e di quanto l’attività di pizzaiolo sia legata agli studi scientifici che ha effettuato.
“Ho iniziato per caso ad avvicinarmi al mondo della pizzeria, per guadagnare qualcosa, e mi sono immerso in questa realtà a 360°. Sono figlio di panettieri – prosegue – ed ho sempre pensato che non avrei mai fatto un lavoro simile a quello dei miei genitori. Invece eccomi qui, stregato dall’universo magico della lievitazione attraverso cui, nel tempo, sono cresciuto e maturato. Grazie a questa attività ho imparato come, studiando e aprendo gli orizzonti a nuove ricerche e sperimentazioni, si diventi più responsabili non solo nel lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni”.
L’attività di pizzaiolo è stata dunque per Beniamino un percorso di crescita e maturazione individuale e professionale con cui si confronta ancora quotidianamente. Studioso della fermentazione spontanea si è appassionato alle ultime scoperte legate all’idrolisi dell’amido ed ha sviluppato un lavoro di ricerca che lo ha portato ad ottenere la lievitazione della farina esclusivamente insieme ad acqua e sale, ottenendo basi sempre più leggere e digeribili.
La fermentazione realizzata da Bilali nella preparazione della pasta per la pizza avviene senza la presenza di microrganismi aggiunti, ma esclusivamente sfruttando la qualità e le caratteristiche che il grano macinato a pietra può offrire. E come per magia la chimica degli ingredienti si trasforma in poesia e regala assaggi di assoluta grandezza nella propria disarmante semplicità.
Il menu proposto da Bilali nasce seguendo rigorosamente il mutare delle stagioni, attraverso una fusione di idee, una condivisione di stati d’animo e di emozioni che poi vengono codificate attraverso nomi e colori che testimoniano non solo un piatto, ma anche periodi particolari della sua vita. “Il mio menu ha uno spirito – racconta Beniamino – e il cliente lo percepisce perché lo accompagno in un percorso di racconti ed emozioni attraverso un piatto che per primo testimonia e trasmette una o più storie attraverso i suoi ingredienti. Basti pensare – prosegue – ad elementi semplici come il rosso del pomodoro, il verde dei capperi o i colori e le caratteristiche di verdure e prodotti di salumeria che rispecchiano e testimoniano il lavoro di artigiani e allevatori attraverso gusti e consistenze che trasmettono sempre una passione”.
E tra le pizze proposte da Beniamino non stupitevi dunque di trovare proposte realizzate con prodotti come pomodorino del Piennolo, capperi di Salina, gorgonzola naturale Dop, culatello di Zibello, burro della Normandia, battuta alla Piemontese, acciughe di Cetara… sarà solo l’inizio di un grande viaggio emozionale in cui lasciarsi serenamente condurre.